Sono d’accordo con la posizione espressa in sede europea che giudica fasullo il referendum bielorusso, il quale mira a cambiare la Costituzione dando alla Bielorussia lo status di Paese nucleare, con la conseguente possibilità per il Cremlino di dispiegare entro i suoi confini le proprie armi nucleari.

Da parte di Lukashenko è una provocazione in piena regola, innanzitutto perché l’Alleanza Atlantica, in base al concetto di condivisione nucleare, non detiene alcuna arma nucleare all’interno dei Paesi aderenti che confinano con la Russia, e in seconda battuta perché il Presidente bielorusso ha organizzato in tutta fretta questa consultazione, difatti annunciata solo lo scorso dicembre.

Proprio questa vicinanza temporale con l’avvio della crisi in Ucraina, quando a gennaio Mosca allargó il fronte delle esercitazioni militari rafforzando la sua presenza ai confini europei in territorio bielorusso, fa presupporre una premeditazione di Lukashenko in accordo con il leader russo.Il referendum bielorusso, dopo le elezioni presidenziali del 2020 – caratterizzate dalle accuse di brogli e dalle repressioni contro l’opposizione – non è nient’altro che l’ennesimo esempio di vuoto della democrazia nel Paese ex sovietico.

Difatti l’Ue evidenzia come il voto non sia stato svolto in condizioni democratiche, bensì in un contesto di grande repressione da parte di Minsk. L’esito del referendum non solo punta a cambiare gli equilibri già instabili della Bielorussia, ma la avvicina ancora di più verso Mosca.

Tutto questo potrebbe essere rischioso sul fronte della guerra in Ucraina, sebbene il momento dovrebbe invitare i Paesi coinvolti indirettamente – come la Bielorussia – a lavorare per la distensione, con lo scopo di aprire negoziati di tregua e pace.

P.S. qualcuno sa che fine ha fatto il ministro degli Esteri russo, Lavrov?