E perché ci dovrebbe interessare…
Giusto ieri, nell’Aula della Camera a seguito dell’informativa urgente resa dal Ministro Cingolani (MiTE) sulle ulteriori misure del Governo per contrastare l’aumento dei costi dell’energia come uno degli effetti dannosi della guerra in Ucraina, ho affermato che l’attuale crisi innescata potrebbe comunque essere una opportunità per l’Italia per ricentralizzare il suo ruolo nel Mediterraneo.
Parlando di Mediterraneo non possiamo non menzionare la Tunisia, dove ieri oltre 200 rifugiati e richiedenti asilo protestavano davanti alla sede dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) per richiedere il rimpatrio in altri Paesi o affinché gli venisse garantita la massima protezione da ogni forma di attacco, oltre alla fornitura di servizi sanitari, educativi e umanitari.
La Tunisia è anche il Paese dove – secondo un’inchiesta de L’Espresso risalente allo scorso gennaio – l’approccio alla questione migratoria resta emergenziale, data la sua estrema importanza logistica come punto di arrivo dalla Libia e di partenza verso l’Italia. In Tunisia non ci sono quadri giuridici e logistici per garantire condizioni di vita degne ai migranti, che in definitiva vengono lasciati a loro stessi, preda di episodi di razzismo da parte della popolazione locale. Ad ammettere questo gap è stato il portavoce del Forum tunisino per i diritti economici e sociali, il quale ha anche aggiunto che la gestione del fenomeno migratorio nel paese nordafricano ha portato a un aumento del 90% dei respingimenti in mare rispetto al 2020.
Eppure per l’Europa e quindi per la vicinissima Italia, la Tunisia rimane un partner solido per il controllo dei flussi nel Mediterraneo, tenuto anche conto che il Belpaese – secondo le ultime dichiarazioni dell’ambasciatore d’Italia in Tunisia, Lorenzo Fanara – è diventato il primo esportatore e il secondo investitore nel Paese nordafricano. In Tunisia operano 800 imprese italiane, per un totale di 68 mila posti di lavoro garantiti. Anche solo questo dato ci indica come la Tunisia rappresenti un Paese strategico per noi, e come di conseguenza la sua stabilità possa impattare in maniera diretta sui nostri interessi e sulla sicurezza nazionale.
Ad oggi, l’assetto politico e sociale tunisino non è dei migliori…
La guerra in Ucraina non sta avendo effetti solo da noi, in Europa, ma anche nei Paesi africani, pesando notevolmente sulle loro economie e spesso aggravando situazioni che erano già al limite, fiaccato tra l’altro dalla pandemia da Covid-19. A denunciarlo infatti sono stati pochissimi giorni fa il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, e il presidente del Senegal, Macky Sall, che ricopre la presidenza di turno dell’Unione africana. In Tunisia, ma anche in Sudan e Algeria, si sono verificate manifestazioni di protesta contro i governi per l’aumento di farina e prodotti alimentari derivati dal grano, mentre il Senegal soffre per l’assenza di fertilizzanti. La Tunisia sta attraversando una grave crisi socio-economica ed è in trattative con il Fondo monetario internazionale (FMI) nella speranza di ottenere un nuovo prestito.
Rimanendo sul versante sociale, è importante rilevare che proprio qualche ora fa, il sindacato nazionale dei giornalisti tunisini ha diffuso un preoccupante messaggio, ossia che la libertà di stampa nel Paese è in serio pericolo. Difatti secondo l’ultimo rapporto di Reporters sans frontie’res (Rsf), la Tunisia si piazza al 94esimo posto della classifica per libertà di stampa, tale diritto sembrerebbe essere a rischio a seguito della presa del potere dello scorso 25 luglio da parte dell’attuale presidente Kais Saied.
Ed è proprio Saied ad aver annunciato la costituzione di una commissione ad hoc per preparare la costituzione di una “nuova Repubblica”. La commissione sarà composta da due organi, uno dei quali sarà responsabile del dialogo con quattro organizzazioni nazionali. La sintesi dei lavori della commissione sarà poi sottoposta a referendum nella data fissata del 25 luglio, il 17 dicembre invece le elezioni legislative.
Il futuro della Tunisia è quantomai incerto, l’aria delle Primavere Arabe non è sopita del tutto, il popolo è esacerbato dalla conseguenze della pandemia e dell’attuale guerra in Ucraina, il nuovo sistema politico-istituzionale rischia la deriva autoritaria nelle mani di Saied, il quale ricordo che lo scorso 25 luglio ha raggiunto l’apice del potere a seguito di un colpo di stato…Il sempre più possibile restringimento dello spazio pubblico e privato richiamano ancora una volta l’Italia alla responsabilità di cui parlavo ieri in Aula, ma anche in uno dei miei ultimi articoli, ossia quella di vestire un ruolo di guida, non fosse altro che per la sua naturale disposizione geografica.