Foto di repertorio, credit The Guardian.

C’è una costante nella narrazione del conflitto in Ucraina, quotidianamente la cronaca ci restituisce le numerose denunce che il governo di Kiev diffonde contro l’uso delle armi al fosforo da parte dei russi. 

Lo ha dichiarato qualche ora fa il presidente ucraino, Volodymyr Zelenskyy, in un’intervista al giornale greco Kathimerini: “I russi hanno usato bombe al fosforo vietate a Mariupol, Kharkiv, Zaporizhzhia e altrove”. Lo ha denunciato il governatore locale Pavlo Kyrylenko, secondo quanto riportato dalla testata Kiev Indipendent, che le forze russe hanno utilizzato munizioni al fosforo nella regione di Donetsk. Il reggimento Azov ne riporta il loro utilizzo a Mariupol. 

Queste sono solo alcune tra le dichiarazioni rese note in quest’ultima settimana, eppure ad oggi non c’è alcuna ufficialità sull’effettivo uso delle armi al fosforo. Ma al di là degli accertamenti che il Governo ucraino sta effettuando sull’uso di bombe al fosforo, è noto che esse furono ampiamente utilizzate dalle forze americane nella guerra del Vietnam, mentre più recentemente l’impiego di queste munizioni è stato associato alla guerra in Iraq, all’operazione Piombo Fuso di Israele nella Striscia di Gaza, alla guerra civile in Siria e anche al recentissimo conflitto del Nagorno-Karabakh.

Gli effetti sull’uomo

Le conseguenze sull’uomo sono altamente dannose, infatti secondo un rapporto del 2020 di Human Rights Watch e dell’International Human Rights Clinic della Harvard Law School sul costo umano delle armi incendiarie e sul necessario intervento da parte dei governi di revisione e aggiornamento dei trattati internazionali che ne disciplinano l’uso, il fosforo bianco viene indicato come un agente tossico che si incendia a contatto con l’ossigeno. Esso può infiltrarsi nel flusso sanguigno attraverso la pelle, avvelenando i reni, il fegato e il cuore e inoltre può causare insufficienza multiorgano. Le persone possono anche morire semplicemente inalando il fosforo bianco, e inoltre i fumi rilasciati negli attacchi al fosforo bianco possono ferire o irritare gli occhi rendendoli altamente sensibili alla luce. Infine, l’esposizione al fosforo bianco può provocare paralisi facciale, convulsioni e irregolarità fatali del battito cardiaco.

La mia risoluzione in commissione Esteri della Camera

Ho deciso di presentare sul tema una risoluzione in commissione partendo dall’analisi della Convenzione su certe armi convenzionali (Ccw) adottata nel 1980 ed entrata in vigore il 2 dicembre del 1983. Essa è costituita da una Convenzione quadro e da cinque protocolli aggiuntivi che mirano a proibire o limitare l’uso di alcune armi considerate particolarmente nocive. In riferimento alle armi al fosforo, il mio interesse si è principalmente focalizzato sul Protocollo III, il quale contiene la definizione di armi incendiarie, ossia «qualsiasi arma o munizione progettata principalmente per incendiare oggetti o per causare ustioni a persone attraverso l’azione di fiamme, calore o una combinazione di questi, prodotta da una reazione chimica di una sostanza consegnata sul bersaglio».

Secondo questa definizione, qualsiasi munizione contenente fosforo bianco e principalmente progettata per dare fuoco a oggetti o per provocare ustioni è quindi coperta dalle disposizioni del protocollo. Per questo è vietata la consegna aerea, nella condotta delle ostilità, di armi incendiarie contenenti fosforo bianco all’interno di una concentrazione di civili. 

Il problema è che però questa definizione presenta due principali lacune: innanzitutto il criterio basato sulla progettazione esclude dalla definizione di arma incendiaria, e, quindi, dall’ambito del protocollo, alcune munizioni multiuso con effetti incendiari secondari (creazione di cortine fumogene, generazione di illuminazione e contrassegno di bersagli nei campi di battaglia). 

La seconda lacuna riguarda le modalità d’impiego delle armi incendiarie, il protocollo ha restrizioni più deboli per le armi incendiarie lanciate da terra rispetto alle versioni lanciate dall’aria, anche se il danno causato è il medesimo. L’articolo 2, part. 3, dispone infatti: «È inoltre vietato fare di un obiettivo militare situato all’interno di una concentrazione di civili, l’oggetto di un attacco per mezzo di armi incendiarie lanciate per mezzo di aeronave, salvo quando tale obiettivo militare è chiaramente separato dalla concentrazione di civili e quando tutte le precauzioni possibili sono state adottate per limitare gli effetti incendiari all’obiettivo militare e per evitare, o comunque minimizzare, perdite accidentali di vite umane nella popolazione civile, ferite che potrebbero essere causate ai civili e danni causati a beni di natura civile».

Alla luce di queste ragioni ho chiesto al Governo di impegnarsi ad adottare iniziative di competenza nelle sedi europee e internazionali, oltre che in occasione dei prossimi appuntamenti in sede di Conferenza di riesame, per rafforzare il Protocollo III della Convenzione su certe armi convenzionali (Ccw), in quanto ad oggi è l’unico strumento internazionale dedicato alla regolazione delle armi incendiarie, con lo scopo di affrontare le conseguenze umanitarie delle armi, con particolare rilievo al costo umano legato al loro uso, posto che nel testo convenzionale non sono ricomprese munizioni che possono provocare effetti incendiari fortuiti e altre munizioni rispetto alle quali l’effetto incendiario non ha specificatamente lo scopo di provocare ustioni a persone, ma è destinato ad essere usato contro obiettivi militari.