Questa mattina ho replicato all’interrogazione a risposta immediata in commissione Difesa sul potenziamento dello Stabilimento Chimico Farmaceutico di Firenze.
Qualche informazione preliminare:
È una interrogazione di cui sono cofirmataria, il proponente è il collega Filippo Gallinella del M5S.
Come forse già sapete, qualche giorno fa ho fatto visita allo Stabilimento di Firenze per toccare con mano l’attività di un’eccellenza made in Italy che svolge attività di ricerca e formazione per la produzione di medicinali che, pur essendo di indubbia utilità clinico-terapeutica, non vengono prodotti dalle aziende private a causa del loro limitato interesse commerciale. Parliamo di farmaci per malattie rare e non solo…
La mia replica al governo ma prima però una premessa per essere chiari:
Lo Stabilimento è una componente fondamentale del progetto “Cannabis”- avviato nel 2014 – che ha concluso nel 2016 la fase di ricerca e sviluppo del Progetto pilota.
- Il fabbisogno nazionale di cannabis a uso medico è destinato ad aumentare ma ad oggi i fondi stanziati non sono sufficienti per coprire la produzione. Quindi il Governo ha pensato di intraprendere un percorso di partnership pubblico/privata che al contempo assicuri l’incremento della produzione e il mantenimento degli attuali livelli di qualità. In fase di stipula di partenariato verranno introdotte specifiche clausole di riservatezza a tutela del know-how presente nello Stabilimento.
- Dal punto di vista occupazionale, inoltre, data la carenza di risorse umane nell’organico dello Stabilimento, il Governo ha dichiarato che: “L’Agenzia Industrie Difesa – da cui dipende lo Stabilimento di Firenze – è impegnata prioritariamente nel determinare il fabbisogno complessivo di personale, ai fini della predisposizione di una nuova e più funzionale ipotesi di pianta organica del personale militare/civile da assegnare alla struttura. Comunque, in attesa di finalizzare tali iniziative, l’Agenzia, continuerà a fare ricorso al personale in somministrazione lavoro”.
Io ho di sicuro espresso soddisfazione per l’attenzione mostrata dal Governo nei confronti dello Stabilimento ma non posso che percepire come un campanello d’allarme la volontà di aprire a una partnership pubblico-privata per le caratteristiche intrinseche di questa struttura e dei processi che vi si realizzano.
Ci troviamo davanti a un know how da tutelare
Siamo probabilmente gli unici in Europa ad aver sviluppato la capacità di estrazione oleosa dalla cannabis, possiamo comprendere quanto questo possa risultare appetibile non solo per i privati ma anche per chi ambisce a fare propria questa capacità.
E sulla competitività sul mercato…
Lo Stabilimento ha un Bilancio consolidato da anni e produce utili, nonostante i prezzi praticati siano davvero concorrenziali. Anche se tuttavia continua ad essere nel novero degli stabilimenti sotto l’egida dell’AID (Agenzia Industrie Difesa) che doveva occuparsene fino al consolidamento del suo Bilancio.. ormai in attivo da diversi anni.
Non dobbiamo dimenticare che lo Stabilimento svolge un servizio ai cittadini! Se si apre alla partnership pubblico-privata, si trasforma un servizio svolto nel mero interesse dello Stato in business: un privato che investe in una partnership si aspetta che ne possa ottenere dei ricavi, a differenza di chi si accontenta di un pareggio di Bilancio, ovvero rientrare nelle spese vive.
Per quanto riguarda la produzione:
Una volta coltivata la pianta e giunta a maturazione, occorre tagliarla e lavorarla in un reparto API (un reparto farmaceutico per materie prime), con autorizzazione AIFA, capace di garantire e certificare ogni passaggio. È improponibile che la coltivazione avvenga fuori dallo stabilimento, anche perché il trasporto delle piante per successiva lavorazione presso la sede di Firenze risulterebbe davvero difficile da gestire, sia per quanto riguarda il livello di sicurezza per il trasporto di stupefacenti, ma in particolare per quanto riguarda il possibile deterioramento del prodotto.
In buona sostanza la catena logistica di trasporto potrebbe presentare dei problemi relativi alla qualità del prodotto finito.
Siamo davvero sicuri che l’apertura al privato sia l’unica strada percorribile? Siamo disposti ancora una volta a perseguire il profitto piuttosto che gli interessi del Paese e di tutti gli italiani?