Con gli scatoloni fuori dal portone di Palazzo Baracchini, l’ormai ex ministro della Difesa, Roberta Pinotti, ha firmato lo scorso 25 aprile per l’acquisto di altri 8 F35. Che spreco!
Vi spiego il perché.
Cosa sono gli F35?
Sono aerei dotati di capacità multiruolo e di caratteristiche tecniche di ultima generazione.
Tuttavia l’ultimo rapporto annuale sull’ormai tristemente famoso caccia militare, firmato da Michael Gilmore (direttore uscente del dipartimento test del Pentagono), attesta un numero elevato di problemi tecnici, tanto che oggi se ne contano ben 276!
La ministra Pinotti ha firmato senza che il Parlamento ne fosse informato, sebbene ormai dall’estate 2013, pur confermando l’adesione al programma Joint Strike Fighter F-35, la maggioranza parlamentare ha vincolato il Governo “a non procedere a nessuna fase di ulteriore acquisizione senza che il Parlamento si sia espresso nel merito”.
Quanto ci costa?
Secondo la relazione della Corte dei Conti, il costo medio reale di ogni aereo è di 150 milioni di euro, non contando il fatto che, per rendere i velivoli nel pieno delle loro potenzialità, è necessario aggiornare il software. Questo si traduce in 40 milioni di dollari in più per ciascun aereo. Quindi complessivamente l’acquisizione di questi 8 aerei dovrebbe costare ben 730 milioni di dollari, cifra che sale a 1,3 miliardi di dollari tenendo conto dei costi del motore e degli interventi correttivi.
E così la spending review imposta a partire dal 2012 resta uno slogan se pensiamo all’acquisto di F35, ma diventa una mannaia per i nostri militari, che ogni giorno svolgono i loro compiti con sempre maggiori difficoltà.
Infatti nell’ambito del programma di contenimento della spesa dettato da impellenti esigenze di risparmio e taglio, il Ministero della Difesa italiano ha ufficializzato la riduzione del numero totale di velivoli da 131 a 90 unità. Sono seguite mozioni e numerose battaglie parlamentari contrarie al prosieguo del programma, soprattutto da parte del MoVimento 5 Stelle.
Ma perché acquistare gli F35?
Per due motivi prima di tutto:
per sostituire 253 aerei in dismissione (secondo fonte Milex i velivoli da sostituire sarebbero molti meno)
le opportunità di ritorno economico completate da ricadute positive in termini di occupazione, ma abbiamo visto, sempre secondo la relazione della Corte dei Conti, quanto scarse siano le previsioni: 6300 posti di lavoro come picco nel 2019!
Nel finale vi lascio un breve epilogo pubblicato qualche tempo fa sul Blog delle Stelle, scritto da un analista dell’Osservatorio sulle spese militari italiane MIL€X:
“L’Italia appare completamente impreparata a difendersi dalle minacce concrete del presente e del futuro: terrorismo e cyberwar. Per prevenire attacchi terroristici serve intelligence sul territorio e in on-line, non certo carri armati, cacciabombardieri e portaerei, e nemmeno i soldatini dell’operazione “Strade Sicure” (che aumentano la “sicurezza percepita” sottraendo risorse alla sicurezza reale). Per difendersi da attacchi informatici, che oggi mettono in imbarazzo un ministero, ma domani potrebbero mettere in ginocchio il Paese, servirebbero investimenti massicci nella cyber-difesa che invece non ci sono (150 milioni nel 2016, nulla nel 2017) e strutture militari dedicate (il cyber-comando italiano è ancora sulla carta). Investire, quindi, in una difesa razionale, efficiente, snella e all’avanguardia, tagliando tutte quelle spese militari che nulla hanno a che vedere con la sicurezza nazionale”.