Come avevo anticipato in uno dei miei ultimi post, sul tavolo della discussione tra il presidente Biden e il nostro presidente del Consiglio è stato trattato anche il dossier Libia. Dalla cronaca dell’incontro avvenuto ieri sappiamo che Draghi ha chiesto al leader americano un sostegno alla stabilizzazione della Libia, che tra l’altro può essere un importante fornitore di gas e petrolio.
È notizia di qualche ora fa che l’amministrazione statunitense stia lavorando con la consigliera delle Nazioni Unite per la Libia, Stephanie Williams, per fare il possibile per sostenere il cessate il fuoco, impedire le violenze e consentire le elezioni il prima possibile.
Al di là degli intenti e dello sforzo diplomatico, una cosa è purtroppo certa sul versante libico: dall’intervento internazionale nell’area ad oggi, il Paese non ha beneficiato di alcun concreto progresso sul fronte della stabilità politica e sociale, ma anzi la Libia è ormai da tempo crocevia di varie influenze esterne.
Nel post che vi ho segnalato all’inizio ho accennato alla presenza della Cina e della Russia, ma non bisogna sottovalutare la presenza di un altro attore fondamentale, la Turchia di Erdogan, che in Libia sta costruendo una credibilità sul fronte del Mediterraneo, intervenendo nell’ambito della politica nazionale ma anche stringendo rapporti economici, tutti passi che servono alla Turchia per uscire dall’isolamento nel quale è stata costretta per lungo tempo.
Non oggi, ma già da tempo, la Turchia è riuscita a ritagliarsi un ruolo in Libia proprio quando sia la Francia che l’Italia hanno iniziato a perdere la loro capacità di influenzare gli eventi del Paese nordafricano. La strategia mediterranea della Turchia, rivelatasi molto efficace soprattutto in Libia, non ha potuto evitare lo scontro con un’altra presenza preminente in territorio libico: tra Ankara e Mosca ha preso forma nel tempo un confronto fatto di escalation militari e negoziati diplomatici. Non bisogna sottovalutare inoltre che il raggio d’azione turco non si ferma alla sola Libia, la politica mediterranea di Ankara mira a stringere un sistema di alleanze anche con altri Paesi del Nordafrica, Algeria e Tunisia in particolare.
L’intento della Turchia è quello di raggiungere i suoi obiettivi, i suoi interessi di tipo militare, economico ed energetico. Per centrarli ha bisogno che la Libia si stabilizzi a livello politico.
Ecco perché non bisogna sottovalutare la Turchia, la quale è riuscita a entrare in Libia proprio grazie al vuoto lasciato dall’Unione europea e alla nostra incapacità come Paese di aggiornare i paradigmi geopolitici.
La richiesta di sostegno da parte di Mario Draghi sul dossier libico è una scelta che guarda lontano e che fa anche il paio con l’impegno della Francia di Macron nel conflitto in Ucraina, dove il presidente francese ci tiene che l’Europa sia garante dei negoziati per evitare che lo siano altri, uno fra tutti la Turchia.