A livello politico tutto tace sulle dichiarazioni rilasciate a mezzo stampa (su «La Verità» del 25 aprile 2022) dalla nipote di Enrico Mattei, sebbene rivelino una trama inedita che precede l’accordo dell’11 aprile tra Eni e Sonatrach per garantire maggiore flessibilità di forniture energetiche dall’Algeria all’Italia.
In base al racconto di Rosangela Mattei, il nostro Paese non figurerebbe come il diretto promotore dell’accordo bensì come destinatario di una iniziativa partita da Algeri. Sembrerebbe infatti che il ministro dell’energia algerino abbia chiamato il presidente della Fondazione Mattei per mettersi in contatto con il suo omologo italiano, il nostro Cingolani.
Il caso – su cui in queste ore sto costruendo una interrogazione parlamentare – è singolare per vari aspetti…
Al di là dell’incredibile difficoltà comunicativa interministeriale tra Algeri e Roma, che ha appunto richiesto l’intervento di una persona terza come Aroldo Curzi Mattei, è abbastanza inverosimile che anche la finalizzazione della trattativa sia stata possibile grazie al suo intervento. Se tutta questa storia fosse confermata c’è il rischio di una perdita di credibilità per l’Italia e per il Governo, che probabilmente dovrebbe essere più cristallino con il Parlamento – e di conseguenza con i cittadini – rispetto ai suoi viaggi fuori confine alla ricerca di energia..
Da membro del Parlamento e da cittadina pretendo una spiegazione chiara su quanto realmente accaduto, anche per smentire l’indiretta interpretazione della storia, ossia la totale secondarietà dell’Italia in materia energetica e di politica estera.
Sarebbe adeguato a mio parere che le commissioni parlamentari competenti in materia richiedessero a stretto giro la convocazione delle figure istituzionali algerine coinvolte, per dare seguito, anche a livello parlamentare e di conseguenza diplomatico, all’accordo siglato sull’aumento del volume di gas.