Noi italiani siamo stati descritti prima come appestati, poi come enfatici e infine come degni di esempio. Il nostro approccio all’emergenza Coronavirus però, basato su una visione soprattutto umanitaria, ha imposto alla fine in Europa un minimo comune denominatore capace di aprire tanti piccoli varchi.

Questa abilità non è però del tutto ascrivibile alle capacità della nostra classe politica bensì a un implicito senso di unione a cui culturalmente aneliamo, per identità e per storia.
Non sono sola a pensare che questa pandemia, molto probabilmente, sarà di qui a breve il motore di un cambiamento, che partirà con l’azzerare le nostre convinzioni ed elucubrazioni su un’identità europea ancora debole. Ma ripeto, qualcosa si muove, ed é il momento di mettere a frutto le nostre comuni buone disposizioni!

Lo hanno espresso chiaramente i nostri omologhi francesi dell’intergruppo parlamentare Italia – Francia, inviando alla nostra attenzione una cordiale lettera di vicinanza, improntata al rispetto, alla considerazione e all’assistenza reciproca che meritiamo, soprattutto da parte delle alte dirigenze europee che di certo, in questo momento di profonda crisi sanitaria, non possono rimanere indifferenti, fomentando nella peggiore delle ipotesi una spiacevole sensazione di abbandono, che noi in realtà abbiamo già avvertito nel corso delle crisi migratorie che si sono succedute nel tempo.

La riflessione che dovremo tutti affrontare attiene più che altro al mancato senso di solidarietà che c’e in Europa, alle occasioni che abbiamo perso in Italia come Stato membro e nello scenario internazionale come Unione europea. All’interno di questo deserto culturale, la schizofrenia politica di certo non aiuta.

Allora quale miglior modo per ricostruirci se non quello di metterci a pensare e, pensando, a confrontarci sui nostri punti in comune, sulle diversità che diventano opportunità, sulle incomprensioni che si trasformano in complicità, sulla storia che ci ha visto morire per obiettivi comuni o perlomeno condivisi.
Compito difficile? Si, difficilissimo, ma un punto di partenza c’è, ed è il dialogo.

Nel mio piccolo, allora, proprio in qualità di componente dell’intergruppo Italia – Francia ho pensato di proporre un progetto, “I Fiori Blu”! Un laboratorio di interazione intellettuale e politica tra questi due Paesi che non possono più essere solo cugini, perché fratelli sono già stati.
Ebbene, siamo ancora agli albori ma la condivisione di intenti c’è, accolta con benevolenza e interesse dal Presidente dell’intergruppo, Piero Fassino, come dagli omologhi francesi a cui ho avuto modo di fare cenno, tra tutti cito per ruolo i Presidenti dei Gruppi di Amicizia del Senato e dell’Assemblea Nazionale francese, rispettivamente Hervè Marseille e Christophe di Pompeo. Spero di parlarvene nel dettaglio presto, intanto riflettiamo insieme su quale dovrà essere il primo mattone della nostra rinascita post pandemia.
Un’idea ce l’ho già!