Nella giornata di ieri, a partire dalle ore 16, il ministro degli Esteri e della Cooperazione internazionale Luigi Di Maio, ha reso in Aula un’attesa informativa nel merito di alcuni sviluppi molto importanti a livello internazionale. Essi riguardano il rapporto con la Libia, il riacceso conflitto israelo-palestinese e le possibili soluzioni per evitare una escalation delle tensioni. 

Ricorderete, poi ad esempio, che proprio all’inizio del mese di maggio 2021 un caso di cronaca ha animato il dibattito politico interno, a seguito degli spari da parte delle autorità libiche contro tre pescherecci italiani ad alcune miglia nautiche dalla costa al largo di Misurata (Libia). Difatti, nel mio intervento, ben prima di affrontare il nodo del conflitto israelo-palestinese, ho replicato brevemente sul punto, affermando che  sebbene sarebbe stato preferibile avere una normativa chiara e dirimente che aiutasse i nostri pescatori a operare con maggiore serenità, ho tuttavia apprezzato gli sforzi del Governo nel mantenere sotto la propria egida la possibilità di stilare accordi e joint venture a loro tutela. 

Per quel che riguarda il conflitto tra Israele e il popolo palestinese, credo si possa partire da un dato di fatto ormai assodato: gli approcci adottati finora si sono rilevati fallimentari. E quindi l’unica possibilità che ci resta al momento è cercare di comprendere perché i numerosi tentativi di superare il conflitto – o comunque di instradarlo sulla via diplomatica – siano stati del tutto inefficaci. Certamente dobbiamo sforzarci di superare facili schemi ideologici che puntano a individuare “il colpevole”, il che non significa rinunciare a individuare responsabilità precise all’interno di entrambe le parti. Parti che non sono blocchi omogenei, presentando infinite sfumature e radicali contrapposizioni.

Abbiamo poi un altro dovere che è quello di analizzare i possibili scenari che potremmo trovarci ad affrontare se la situazione attuale degenerasse. Questo significa tener presente che Israele e la Palestina sono il fulcro di un ingranaggio fragile e complesso nel quale convergono anche i conflitti tra i mondi sciita e sunnita, compreso il disegno della Fratellanza musulmana. Ne sono parte vari convitati di pietra tra cui i paesi del Golfo con la novità rappresentata dai recenti accordi Abramo e la differenziazione con il Qatar più prossimo alla Turchia di Erdogan ed Hamas e l’ Iran, gli Hezbollah del Libano (dove ricordo è presente un contingente italiano), i campi profughi  palestinesi in Giordania e da ultimo la Comunità Internazionale che appare al momento non contare.

Sottolineo poi la questione delle diaspore che in mondi diversi, ma interconnessi vantano entrambe una grande trasversalità politico-culturale. 

Il raggiungimento della pace è il sogno, in una situazione di territori intersecati che vede le popolazioni coinvolte oppresse   da una “sindrome di accerchiamento” da una parte e dalla perdita della propria dignità umana dall’altra.

Mi sono permessa di segnalare a tal proposito un breve documento su questo tema che ho depositato al termine della seduta d’Aula.

Infine, tutto ciò, ed è bene ribadirlo, va affrontato mantenendo una necessaria e impegnativa equidistanza, senza condanne preconcette, sforzandoci, in quanto paese lambito dallo stesso mare e appartenente a una comunità di stati in cerca di identità, di elaborare una soluzione equa per entrambi i due antichi popoli.