“Gentile Direttore, rivolgo a Lei questa lettera di risposta perché ad oggi non conosco il mittente o i mittenti della comunicazione che mi è stata indirizzata lo scorso 21 febbraio tramite il suo giornale (v.link). Con la presente, comunque, intendo solo fare chiarezza perché ho letto fin troppe inesattezze e quando, si trattano temi come la salute e la dignità dei lavoratori – di qualunque estrazione essi siano – è quantomai doveroso attenersi alla realtà dei fatti.

Veniamo al dunque: la proposta di legge oggetto di disputa è quella relativa al transito del personale militare che perde l’idoneità al servizio, essa si pone come obiettivo primario la tutela di coloro che, colpiti da invalidità o infermità, risultano penalizzati sia dalle dinamiche del mondo lavorativo che da quello sociale affettivo.

Cosa cambia con la novella? Ho innanzitutto cercato di rimuovere le restrizioni che impediscono una piena ed equa applicazione dell’istituto. Infatti, attualmente il transito è consentito solo nei ruoli del personale civile del ministero della Difesa. Trattandosi di un dicastero non presente in modo armonico in tutto il territorio e in particolare, non in tutte le unità delle Forze Armate sono previste posizioni per il personale civile, usualmente il transitato è destinato ad allontanarsi dal proprio domicilio o comunque a essere impiegato lontano dalla propria famiglia, nella impossibilità, soprattutto nei casi più gravi, di ricevere adeguata assistenza familiare. Ragion per cui, ho pensato di estendere la possibilità di transito verso ogni altra Pubblica amministrazione, di cui all’art. 1 comma 2 del D.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, prevedendo anche delle soglie chilometriche entro cui poter essere trasferiti.

In fase di studio, mi sono resa conto che la normativa in vigore evidenziava un discrimen tra il personale non dirigente e il personale dirigente – quest’ultimo non tutelato qualora dovesse essere colpito da qualsivoglia invalidità o infermità. Attualmente infatti, le conseguenze sono diverse a seconda della categoria di appartenenza: è escluso dalla vigente regolamentazione il personale dirigente, categoria che – si rammenta – comprende a partire dal 1 gennaio 2018 gli ufficiali con il grado di maggiore e a salire. L’estensione dell’istituto del transito al grado di colonnello intende assicurare agli ufficiali più giovani la continuità occupazionale, tenendo presente che l’invalidità o l’infermità potrebbe colpire qualunque soggetto, a prescindere dall’età anagrafica. Faccio riferimento in particolare agli ufficiali più giovani perché il regime pensionistico di tipo contributivo non può assicurare agli stessi un trattamento adeguato.

Se ragioni di equità impongono di estendere l’istituto ai dirigenti, le stesse motivazioni consigliano di escludere i generali, considerato che loro possiedono di norma un maturato pensionistico che certamente non può discriminarli. Purtroppo la malattia, quando colpisce, non guarda chi sei e quale ruolo ricopri nella società o nel mondo lavorativo, davanti alla malattia infatti siamo tutti uguali. Abbiamo quindi ritenuto opportuno normare questo aspetto e respingo al mittente le accuse di chi pensa che, con la mia proposta, voglia avvantaggiare i dirigenti o i militari in generale, a scapito del personale civile, perché così non è.

Ma esaminiamo nel dettaglio la normativa: L’art. 9, comma 1, lett. n), D.Lgs. 31 dicembre 2012, n. 248 ha introdotto nel Codice dell’ordinamento militare l’art. 2231 – bis, la possibilità ai militari, sino al grado di tenente colonnello compreso e gradi corrispondenti nonché ai sottufficiali dell’Esercito, della Marina e dell’Aeronautica, di presentare domanda di trasferimento presso altre Pubbliche amministrazioni, di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni. Il personale trasferito dovrebbe essere inquadrato nell’area funzionale del personale non dirigenziale individuata dall’amministrazione di destinazione, sulla base di apposite tabelle di equiparazione, approvate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, di concerto con il Ministro dell’economia e delle Finanze. Le tabelle di equiparazione sopra citate non sono mai state emanate. Nel 2013 fu esperito un tentativo d’iniziativa dell’allora Sottosegretario Pinotti, che non ebbe alcun esito. La mancata emanazione delle tabelle in parola ha comportato l’inapplicabilità dell’istituto in trattazione. La tabella G, allegata al d.lgs 95/2017, applicabile nelle more della emanazione delle suddette tabelle, a tutte le ipotesi di transito previste a legislazione vigente (comprese quelle per il personale militare non più idoneo allo SMI), ha superato l’empasse, anche se ad oggi non risultano casi di transito ai sensi dell’art. 2231 – bis.

Ricordo infine che nella mia proposta, all’art. 3, i dirigenti transitano con modalità e procedure che verranno stabilite con decreto interministeriale, mediante l’istituzione di apposite Tabelle, che saranno emanate all’insegna del buon senso e del rispetto, a parità di titoli e requisiti, della professionalità dei dipendenti civili della Pubblica amministrazione. Ogni parte, militare e civile, viene quindi tutelata e vede rispettata la propria professionalità, al di là di approcci prevenuti o basati su preconcetti. Difendere i propri diritti non ci autorizza a vedere nell’altro un nemico, perché poi tanto ‘diverso’, soprattutto nella malattia, non è. Come più volte sottolineato sia da me che dal Ministro della Difesa, il personale civile è senza dubbio una risorsa su cui investire in maniera prioritaria ed è proprio per questo che sono a lavoro su questi temi, ormai da mesi, confrontandomi costantemente col Ministero. Infine, mi rivolgo a tutti i lettori affinché possano cogliere in questa risposta ciò che per me è veramente importante tutelare”.

[pubblicato su Difesa Online in data 7 marzo 2019]