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È una data che di solito nei libri verrebbe indicata come uno “spartiacque”, non solo perché rappresenta l’inizio di una vicenda giudiziaria a cui si è aggiunta nel corso degli anni la politica dei “salva Ilva”, ma anche perché dà inizio a un percorso di consapevolezza della cittadinanza, la quale – da quel momento fino ad oggi – si è organizzata in decine di rivoli sensibili al tema ambientale e della salute. Lo stabilimento siderurgico di Taranto è una fonte inquinante sin dall’inizio delle sue attività. Lo sapevano e lo sanno tutti, ma è come se fino a quel momento la coscienza fosse rimasta in attesa di qualcuno che riconoscesse che “il re é nudo”.Il 26 luglio 2012 (giorno in cui la magistratura tarantina, nella figura femminile del giudice Patrizia Todisco, decise per il sequestro dell’area a caldo) fu quindi una sveglia per tutti, cittadini consci e meno consci, insieme a politici e istituzioni a vari livelli.

9 anni fa Taranto venne paralizzata da migliaia di operai che percorrendo le statali 106 e Appia arrivarono nel centro del capoluogo ionico con un unico scopo: far sentire la propria voce, imporsi come i protagonisti e le vittime di quelle ore, dopo decenni di far west del principale tessuto produttivo del territorio.

I già citati decreti “salva Ilva” con immunità penale, facoltà d’uso degli impianti anche in caso di sequestro, commissariamenti, le morti bianche e le vite spezzate dall’esposizione alle fonti inquinanti, la gestione in mano a Mittal e il successivo subentro dello Stato, in mezzo i pareri dell’Anac e dell’Avvocatura dello Stato, la battaglia per abrogare l’immunità penale, le pene eccellenti comminate al termine del primo grado nel processo Ambiente Svenduto, l’ordinanza del sindaco Melucci annullata dal Consiglio di Stato sono tutti eventi che prendono le mosse da quel noto 26 luglio. Per non parlare delle decine di manifestazioni, proteste, sit in organizzati dalla società civile, che in questi anni non ha mai abbandonato la causa ambientale e quella a tutela della salute.

In definitiva, perché oggi sottolineo la durata non solo temporale che ci divide da quel 26 luglio 2012? Perché dal 2012 ad oggi, la vicenda dello stabilimento siderurgico di Taranto rivela un grande assente: la visione della politica. Quella stessa classe politica che facendo leva su alcune parole chiave (ricatto, diritti, disuguaglianza) ha continuato a sfruttare le divisioni e il malcontento per rafforzare la sua dialettica controversa. Ora l’obiettivo è quello di rimettere al centro il suo coraggio, insieme alla capacità della politica di analizzare e comprendere lo stato vitale della società, abbandonando una retorica priva di merito (vedi l’espressione “acciaio green”), e infine aggregando e ricostruendo il futuro, anche facendo tesoro degli errori e di ció che ha portato alla perdita di fiducia.Partiamo quindi dalla memoria, dalla narrazione dei fatti accaduti: ripercorrere nel tempo le tappe fondamentali della vicenda ex Ilva mi – e ci – aiuterà a tracciare una linea di condivisione. Il futuro passa anche da qui.