Il numero dei suicidi che si sono susseguiti in un breve lasso di tempo nel carcere di Taranto ha rappresentato per noi il grimaldello per chiedere chiarimenti sulla casa circondariale, purtroppo annoverata sulla cronaca nazionale per essere la struttura detentiva più sovraffollata d’Italia.

Su questo aspetto, il ministero della Giustizia ha puntualmente risposto nell’ambito dell’atto presentato da me e dalla collega in commissione giustizia Camera, Valentina Palmisano, spiegando che, a fronte di un tasso di sovraffollamento di poco superiore al 200%, si è provveduto tra gennaio e marzo 2018 a trasferire 20 detenuti da Taranto ad altre strutture di detenzione. Un’operazione non certamente risolutiva rispetto alla percentuale riportata per il sovraffollamento del carcere del capoluogo ionico ma a cui si darà seguito mettendo a punto i contenuti di una nota DAP, datata marzo 2019, la quale ha impartito precise disposizioni alla competente Direzione generale dei detenuti e del trattamento per adottare provvedimenti deflattivi nel breve periodo.

Per ciò che concerne gli episodi di suicidi, il Ministero ci risponde che lo scorso 27 luglio è stato approvato dalla conferenza Stato – Regioni e dallo stesso dicastero, il Piano nazionale di intervento per la prevenzione  che prevede l’implementazione di strumenti di rilevazione del rischio, il presidio delle situazioni critiche o potenzialmente tali e protocolli operativi per la gestione dei rischi e delle urgenze.

Nonostante la precisione della risposta del Governo, crediamo sia doveroso oltretutto procedere con l’incontro tra noi e il ministro della Giustizia Bonafede, con il fine di tenere alta l’attenzione sulla casa circondariale di Taranto che merita di essere messa in evidenza al di là delle confortanti stime statistiche. Anche sul fronte dei metri quadri per persona, il ministero della Giustizia giunge a rassicurarci affermando che nel carcere di Taranto, dei complessivi 628 ristretti presenti, 411 hanno a disposizione tra i 3 e i 4 mq, mentre i restanti usufruiscono di uno spazio superiore ai 4 mq, in linea con le disposizioni delle organizzazioni sovranazionali e la giurisprudenza comunitaria, rimarcando altresì che quasi tutti gli altri Paesi europei sono parametrati su dati dimensionali ben più bassi di quelli italiani.

In ultimo, sulla questione riguardante la carenza di personale, in particolare appartenente al corpo della Polizia penitenziaria e sul miglioramento qualitativo e quantitativo dell’edilizia penitenziaria, il Governo ci segnala alcuni progressi normativi varati nel corso di questa legislatura. In primis, sul fronte dell’edilizia penitenziaria, il decreto Sicurezza autorizza una spesa complessiva di circa 190 milioni di euro dal 2018 al 2026 da destinare a interventi urgenti connessi al potenziamento, alla ristrutturazione e alla manutenzione di edifici adibiti alla sicurezza, tra cui le carceri; con un ulteriore decreto, poi, si mira a semplificare le procedure di manutenzione e ristrutturazione delle strutture carcerarie attribuendo al personale DAP nuove funzioni.

Per ciò che riguarda la Polizia penitenziaria, nello specifico l’organico in servizio presso la casa circondariale di Taranto, si registra una scopertura di personale pari all’8,7%, non però tra gli agenti o gli assistenti (in lieve esubero) bensì tra gli ispettori e i sovrintendenti. Nonostante questo ulteriore dato non emergenziale, il quale di sicuro non ci allontana dal problema ma perlomeno riporta una fotografia del reale, interviene la legge di Bilancio 2019 con la previsione di assumere –  nel corso di quest’anno – 1300 unità di Polizia penitenziaria e 577 nel periodo 2020/2023, con uno stanziamento di 71,5 milioni di euro per il triennio 2019/2021. Inoltre, sono in arrivo circa 1000 vice ispettori e sono in corso di completamento le procedure per il concorso di vice sovrintendente (posti disponibili 2851).

In definitiva, non possiamo far altro che essere soddisfatte per il seguito che questo Governo sta dando all’iniziale intento di risollevare lo stato del sistema carcerario per troppo tempo in difficoltà, proprio attraverso una serie di correttivi – alcuni dei quali già in corso – che di sicuro nel medio lungo termine aiuteranno a normalizzare il contesto detentivo italiano.