Nell’ambito del webinar “La promozione e la difesa dei valori democratici in tempi di minacce globali”, promosso dalla Fondazione Arcadia per la giornata di ieri (4 maggio) sulla piattaforma zoom, ho tenuto in qualità di relatore un intervento sul tema della cittadinanza terrestre, idee e culture a confronto. 

I relatori

Alla discussione online hanno partecipato anche l’ex ministro della Difesa italiano nel Governo Conte I, Elisabetta Trenta, l’assessore del comune spagnolo di Logrono, María Luisa Alonso Garcia, l’ex ministro per gli Affari esteri venezuelano e ambasciatore Milos Alcalay, l’ex Presidente del Consiglio di sicurezza della Nazioni Unite, Diego Arria, il Presidente nonchè fondatore della Fondazione Arcadia Washington, Robert Carmona Borjas, l’ex ambasciatore supplente presso l’Onu a Ginevra, Victor Rodriguez Cedeno, gli accademici Josè Vicente Carrasquero e Rafal Dudala, e infine il Presidente dell’Istituto Italiano per l’Industria Culturale, Angelo Zaccone Teodosi.

L’incontro è stato un’occasione per aprire un forum di opinioni dove si è potuto discutere e analizzare la vulnerabilità del sistema democratico in un mondo in crisi, soprattutto con la pandemia di COVID-19 che ha generato una situazione di emergenza sanitaria, economica, politica e sociale senza precedenti in tutto il mondo.

Il mio intervento…

Ho accostato il concetto di cittadinanza terrestre del filosofo e sociologo Edgar Morin, alla pandemia da Covid-19, partendo dal presupposto che sia il termine “pandemia” che “democrazia” ruotano etimologicamente attorno a un elemento comune: il demos, ossia il popolo. Il virus si è infatti dimostrato molto ‘democratico’, prendendo piede su tutto il globo con grande rapidità. Tuttavia uno dei risvolti da tenere in grande considerazione in questa emergenza Covid, che ha riguardato e riguarda numerosi Paesi, è l’aver riacceso il motore della nostra riflessione interna sul modello di sviluppo, sulla cultura della sostenibilità e sull’innovazione in quanto impulso di nuove interazioni sociali. Difatti alla luce degli avvenimenti insorti e in essere, abbiamo ri-scoperto il nostro senso di comunità, che ha mosso tanti operatori sanitari e volontari a prestare servizio con spirito di abnegazione e grande senso del dovere. Una comunità dove la solidarietà tra popoli si è manifestata, più che in altre occasioni, anche attraverso gesti concreti.

Le riverberazioni di questa pandemia sono difficili da prevedere oggi, possiamo tuttavia contare su alcuni dati di realtà. Il primo è che i cambiamenti climatici, l’inquinamento, la distruzione della biodiversità, la tortura della natura da parte dell’uomo, sono causa di gravi tragedie. Dunque, sotto accusa è il sistema economico e sociale fondato sul capitalismo, concentrato su parametri quantitativi e incurante del sistema vivente in cui si collocano i processi produttivi. Il secondo dato di realtà riguarda le condizioni di difesa sanitaria dalle pandemie. In Italia, come in molti altri Paesi, le forniture di dispositivi di protezione non erano sufficienti, così come le attrezzature ospedaliere; questo, unito ai tagli alle spese nel settore sanitario e alle riforme che nel tempo hanno sottomesso gli ospedali a logiche aziendali, hanno contribuito allo sviluppo catastrofico dell’epidemia.

Per questi motivi, ho suggerito che l’intero sistema produttivo e di consumo è destinato a una profonda trasformazione e il quadro legislativo di interi Paesi dovrà tenere conto di questa necessità, ma dovranno essere riforme di civiltà, di società, legate a riforme di vita. Occorrerà produrre cultura, diffondere una nuova pedagogia della libertà e della convivenza tra essere umani e natura, tra individualità e comunità.

Ognuno di noi, soprattutto a fronte di questa emergenza sanitaria, ha il dovere di contribuire a riprogettare il sapere, la formazione e l’educazione come fino ad ora sono state conosciute e percepite, per fare in modo che, coloro i quali abitano e agiscono in questo mondo, si sentano e siano al contempo persone e cittadini del mondo.

E, per far questo, occorre anche ripensare in chiave internazionale al diritto e al dovere della libertà e anche al concetto di responsabilità, in chiave etica, ponendo al centro l’uomo e le sue relazioni. Anche e soprattutto perché, la rivoluzione culturale per un mondo sostenibile, anche a livello politico, non può essere imposta dall’alto, andrebbe sperimentata e proposta partendo dai contesti quotidiani, intimi, familiari, educativi.