Mi trovo nella condizione di dover commentare gli estremi di un accordo che non conosco, ad oggi i dettagli li apprendo unicamente dalla stampa. Credo pertanto che la soluzione addotta, che rappresenterebbe una gestione mista, divisa fra Stato e privato, possa rivelarsi nel medio termine uno sperpero di denaro pubblico, in quanto l’unico a trarne vantaggio – senza tra l’altro meriti raggiunti fino ad oggi – è Mittal.
Chiamando a raccolta tutti, appartenenti alla società civile e rappresentanti delle istituzioni locali, abbiamo sollevato la necessità di introdurre lo strumento della Valutazione preventiva del Danno Sanitario perché pensiamo che il Piano ambientale, seppure suscettibile di revisioni migliorative, non sia in grado da solo di far fronte alla tutela dei diritti fondamentali. Abbiamo trovato unità d’intenti con il territorio affinchè si prendesse in considerazione l’accordo di programma sul modello Genova, per partire dalla chiusura delle fonti inquinanti dello stabilimento, ossia l’area a caldo, e arrivare al rafforzamento dell’area a freddo con mantenimento dei livelli reddituali. Abbiamo chiesto che i soldi del Fondo europeo venissero investiti nelle bonifiche e non per seguire la chimera dello stabilimento più green d’Europa, perché questo scenario è davvero improbabile data l’acclarata incompatibilità con la salute e l’ambiente già ampiamente dimostrata dalla fabbrica.
Taranto non chiede nulla di più che essere trattata al pari di altri territori italiani dove il diritto al lavoro e alla salute sono entrambi rispettati