Non si può non avallare l’inserimento di un indirizzo per la tutela ambientale tra i principi fondamentali della Costituzione, un intervento necessario – viste le condizioni di rischio a cui è soggetto il territorio nazionale – e probabilmente tardivo rispetto al cambiamento di paradigma culturale ed etico del quale il nostro Paese ha sempre maggior bisogno. È ormai ineludibile il riconoscimento tra i nostri valori fondativi di una direzione che vada oltre la generica conservazione del patrimonio naturale e provi a rispondere al grido di dolore della nostra “Casa Comune”, per usare un termine caro a Papa Francesco.
Così mi sono espressa oggi nell’Aula della Camera, in dichiarazione di voto sulla proposta di legge costituzionale che prevede modifiche agli articoli 9 e 41 della Carta in materia di tutela dell’ambiente.
Raccogliere questa istanza – che tra l’altro è stata più volte e in diverse forme rappresentata dal Parlamento negli ultimi anni – è naturale. Significa cercare di fare nostro l’orizzonte immaginato dal Pontefice nell’enciclica Laudato si’ e imprimere nelle future generazioni la convinzione che la difesa dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi italiani, non siano soltanto un mero esercizio di alto valore civico, ma piuttosto dei pilastri, tra gli altri, su cui si fonda il patto che ci lega e nel quale ci riconosciamo reciprocamente come cittadini della Repubblica.
Aggiungere queste poche righe nella Costituzione non è una velleità né un’operazione di green washing utile a adeguare la Carta ai tempi che corrono. Perché la questione ambientale è strettamente legata a quella sociale ed economica, e offre un contributo irrinunciabile alla lotta contro le disuguaglianze cui ha fatto riferimento il capo dello Stato nel suo discorso di insediamento.
Ho seguito con attenzione i lavori delle Settimane sociali dei cattolici italiani nella mia Taranto, una città che porta su di sé i segni di uno sviluppo industriale che non ha saputo coniugare il diritto al lavoro con il diritto alla salute e la tutela dell’ambiente. Sempre più distante da quell’idea di dignità a cui il presidente della Repubblica ci ha richiamato in modo così energico. Un’impresa che si pone agli antipodi del concetto di ecologia integrale su cui Francesco sta costruendo parte del suo magistero e alla quale non possiamo evitare di guardare se vogliamo davvero lasciare ai nostri figli un Paese in cui valga la pena vivere, crescere, partecipare, diventare cittadini nel senso più alto del termine. Taranto è un luogo che racconta “ferite certe come certe sono però le meraviglie e le risorse, offuscate dai fumi e da un racconto non ci rende giustizia”, come ha avuto modo di dire il Vescovo della mia città, monsignor Filippo Santoro. Ma proprio per questa sua fragilità, sono convinta che possa offrire il miglior banco di prova possibile per misurare la nostra capacità di imprimere un cambiamento. Un’inversione di marcia che spero le modifiche attese possano accompagnare e rafforzare.
Spero che l’approvazione della proposta di legge costituzionale serva anche e finalmente a svegliare una società “di persone sole, di consumatori bulimici, di spettatori assuefatti, dagli orizzonti corti e frammentati” come la definiva Alex Langer. È d’altra parte compito di noi politici favorire modelli di consumo responsabile, ma anche l’uso di parole e termini in grado di accompagnarli e di assecondare le trasformazioni che tutti auspichiamo.